In questa foto del 1992 io sono con mia moglie Elina a Fai della Paganella, sui monti del Trentino, davanti ad un pittoresco e panoramico Hotel Arcobaleno (960 metri di altitudine), che ci ospitò con nostro figlio Fabio, tredicenne, dal 26 agosto al 1° settembre: una vacanza rilassante della quale conservo tracce in un’agenda.
Viaggiammo in treno da Roma a Mezzocorona, e di lì fino a Fai con una corriera. Eravamo andati a raggiungere l’altro figlio, Paolo, di 16 anni, che ci aveva preceduti di una settimana per partecipare a un corso di tennis nel locale centro sportivo e alloggiava nell’Hotel Panorama con il gruppo degli allievi e degli allenatori.
In quel gruppo c’era una ragazzina un po’ strana, di nome Cesara, la quale mostrava di essersi innamorata di Paolo senza esserne corrisposta, come apprendemmo da un loro compagno che, mentre uscivano dall’hotel, si mise a canzonarla cantilenando: “Cesara ama Paolo, Cesara ama Paolo!”.Lui era impegnato con il tennis la mattina, nel pomeriggio veniva a stare con noi e rientrava in albergo per l’ora di cena.
Andammo due volte, tutti insieme, a fare il bagno nel lago di Molveno, uno specchio d’acqua incantevole, nel quale si riflettevano i boschi delle Dolomiti. C’era un paesaggio “fantastico” che ricordava ai nostri figli la canzoncina di Heidi, la bambina di un cartone animato televisivo alla quale “sorridevano i monti”.
Passammo un pomeriggio a visitare Trento, dove Paolo e Fabio si esercitarono nello scioglilingua dei “trentatré trentini” che “entrarono in Trento, tutti e trentatré trotterellando”.
La domenica partecipammo alla Messa per la festa di San Valentino, patrono di Fai, che comprendeva anche una sfilata folcloristica, la processione con le reliquie del santo e una sagra paesana.
In quel periodo, entrambi i nostri figli attraversavano una crisi adolescenziale ed erano spesso in conflitto con noi genitori, motivo per cui cercavamo di accontentarli, talvolta cedendo a costose richieste dell’uno o dell’altro, come quella del corso di tennis per Paolo. Il quale, quando eravamo andati a comprare per lui una racchetta, aveva preteso la più cara, alla maniera di una canzone napoletana che dice: Vuó’ ‘o cuppetto o vuó’ ‘o spumone?” / “Chello ca costa ‘e cchiù”.
Nicola Bruni
