Gli “storici” massacri “vantati” dall’Italia in Etiopia

“L’Italia vanta storiche relazioni importanti con l’Etiopia”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante la sua visita ufficiale di due giorni ad Addis Abeba.

Vediamo quali sono state le relazioni storiche più importanti che l’Italia ha avuto con il Paese africano.

Il 3 ottobre 1935, il Regio Esercito dell’Italia fascista dette inizio alla guerra di conquista dell’Impero di Etiopia, che all’epoca era con la Liberia uno dei due soli Stati indipendenti dell’Africa.La guerra si concluse ufficialmente il 9 maggio 1936, con l’assunzione della corona imperiale di Etiopia da parte di Vittorio Emanuele III (la cosiddetta “Proclamazione dell’Impero” celebrata da Mussolini), dopo che le truppe italiane avevano occupato l’intero territorio dello Stato africano facendo anche un uso terroristico di gas asfissianti contro le popolazioni locali.

Ma il crimine più grave, oltre all’impiego di gas letali, che può “vantare” l’Italia con il popolo etiope, fu il massacro di Addis Abeba ordinato dal generale Rodolfo Graziani, sanguinario viceré di Etiopia, dopo il fallito attentato compiuto contro di lui il 19 febbraio 1937. Allora i fascisti italiani scatenarono, nella capitale, una furibonda e indiscriminata rappresaglia contro la popolazione abissina, ignara e innocente.Il massacro durò tre giorni e si stima che abbia lasciato sul terreno da 6000 a 30.000 morti, secondo le diverse fonti. 

Non soddisfatto, Graziani, che era rimasto leggermente ferito, quando uscì dall’ospedale, ordinò a tutti i governatori dell’Etiopia di far uccidere chiunque fosse sospettato di aiutare o avere intenzione di aiutare i ribelli. 

Quindi rivolse la sua collera contro il clero cristiano-copto e fece assassinare circa 1600 monaci, diaconi, seminaristi e catechisti dell’antico monastero di Debre Libanos, che fu dato alle fiamme.

L’eccidio di Debre Libanos fu il detonatore della rivolta etiopica: nell’estate del 1937 la ribellione contro l’occupazione italiana divenne generale. 

A novembre Graziani fu sostituito con Amedeo d’Aosta. Ma la Seconda guerra mondiale era ormai alle porte, e il cosiddetto Impero italiano di Etiopia crollò nel 1941, quando l’esercito britannico con l’aiuto della Resistenza etiope sbaragliò le nostre truppe e riportò sul trono il negus Hailé Selassié.

Nel 1948 Graziani fu inserito dall’ONU nella lista dei criminali di guerra (per l’uso di gas tossici e bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa) su richiesta dell’Etiopia, ma non venne mai processato. Fu invece processato e condannato nel 1950 in Italia a 19 anni di carcere (17 dei quali condonati) per collaborazionismo con i nazisti nel periodo in cui, tra il 1943 e il 1945, ricoprì l’incarico di ministro delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana.

Poi Graziani aderì al Movimento Sociale Italiano, che lo nominò presidente onorario e lo osannò come un eroe, fino alla sua morte avvenuta nel 1955. Di quella formazione politica neofascista, il partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha ereditato, tra l’altro, il simbolo della fiamma tricolore e una mai smentita venerazione per il criminale di guerra Rodolfo Graziani. 


Nicola Bruni

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Nella foto: la copertina del settimanale La Domenica del Corriere del 27 dicembre 1936, che esalta la conquista italiana dell’Etiopia.

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