Un giorno da ghost writer (scrittore fantasma)

Finalmente, il 14 aprile del 1969, fui promosso Sottotenente dei Carristi dell’Esercito Italiano, dopo nove mesi di servizio militare di leva e di duro addestramento all’uso delle armi, all’impiego tattico dei carri armati e all’esercizio del comando.

La nomina mi fu conferita a San Vito al Tagliamento (Pordenone), nella caserma del XXII Battaglione Carri del Reggimento Lagunari “Serenissima“, dove avevo trascorso quattro mesi da Sergente AUC (Allievo Ufficiale di Complemento).

Nuova divisa di gala, confezionata su misura a mie spese, stelletta sul basco nero e sulle spalline, fascia azzurra da ufficiale, sciabola e pistola di ordinanza, e uno stipendio di 112mila lire per gli ultimi 6 mesi in uniforme.

La sciabola mi era stata regalata da un caro amico che non c’è più, il famoso telecronista della Rai Paolo Frajese.

L’indomani tornai a Caserta, dove mi ero sottoposto alla penitenza dei primi sei mesi di “naia” da semplice Allievo nella caserma “Ferrari Orsi”. Fui destinato come ufficiale istruttore ad un’altra grande caserma, quella intitolata a Giuseppe Amico, ed entrai a far parte dell’ufficio di comando di una Compagnia di 250 reclute (soldatini novelli da “inquadrare”), formato da un Capitano, un Tenente e due Sottotenenti. In quel quartetto, il Tenente “a 2 stelle” (raffermato in servizio) recitava la parte dell’ufficiale “cattivo”, che si divertiva a “punire” i soldati anche per futili motivi privandoli della libera uscita, mentre io, quando fungevo da vicecomandante di turno, cancellavo sempre la tabella dei puniti e davo il “liberi tutti”. Perciò quei ragazzi mi volevano bene e ubbidivano volentieri ai miei ordini.

In aggiunta ai compiti di addestramento militare, il Colonnello comandante mi affidò l’incarico di tenere un corso di educazione civica sulla Costituzione, nella sala cinema, per le 500 reclute del Battaglione di cui faceva parte la mia Compagnia. E in vista della ricorrenza del 25 Aprile mi chiese di scrivergli il discorso celebrativo della Liberazione che avrebbe dovuto pronunciare davanti alle truppe schierate. Cosa che io feci, da professore di storia, ricordando il contributo delle nostre Forze Armate alla Resistenza contro il nazifascismo.

Soddisfatto del discorso, il Colonnello dopo la cerimonia voleva congratularsi con me, ma non mi trovò, perché quel giorno io ero libero dal servizio e – da autentico “ghost writer” (scrittore fantasma) – ero sparito dalla caserma, per andare con la mia Fiat 500 a Roma, a festeggiare la Liberazione con i miei amici.

Nicola Bruni

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Nelle foto del 1969, sono ritratto, da sottotenente dei carristi, sulla torretta del carro armato M47 Patton

e al comando di un plotone di soldati durante una cerimonia militare a Caserta.