La mia alternanza scuola lavoro

Non era stata ancora inventata “l’alternanza scuola lavoro”, quando io incominciai a praticarla da studente del terzo anno del liceo classico Augusto di Roma.

L’idea mi era venuta nell’estate del 1957, quando fui invitato, in rappresentanza dell’Unione Romana Studenti Medi, ad un convegno nazionale di liceali organizzato a Sestriere dal Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana. Fra i temi trattati, c’era la redazione di un giornale studentesco: relatore, Carlo Fuscagni, un giornalista che poi avrebbe fatto carriera in televisione diventando direttore di Rai Uno.

Tornai a Roma con un “bagaglio” di idee, di conoscenze e di entusiasmo che mi consentì, all’inizio dell’anno scolastico, di rifondare il giornalino di istituto Augustus, estinto da dieci mesi.

Tralascio le manovre “politiche” che misi in atto per farmi eleggere, a 16 anni, direttore da un’assemblea pomeridiana di studenti, autorizzata dal preside.

Formai una redazione di 15 membri, maschi e femmine, che si riuniva a scuola di pomeriggio e si autotassava per pagare la stampa. I redattori mi consegnavano i loro articoli; io, che ero bravo in italiano, li sottoponevo a revisione grammaticale, ortografica e stilistica e li portavo in tipografia. 

Qui venivano copiati da un linotipista, che li trasformava in righe di piombo fuso, poi cosparse di inchiostro e stampate in bozze su strisce di carta. Io correggevo gli immancabili errori di trascrizione sulle bozze, le ritagliavo e le impaginavo a due colonne con i titoli incollandole su fogli del “formato quaderno” che aveva il giornale, il cosiddetto menabò. Il linotipista era talmente bravo da infilare altri errori nelle correzioni, e così, spesso, stavamo “da capo a dodici”, come si soleva dire. Per ogni errore da correggere, bisognava rifare l’intera riga di piombo fuso, e talvolta anche più di una riga.

Per stampare foto e disegni, era necessario trasformarli in cliché di zinco, che costavano cari. E allora io, per risparmiare, me ne facevo regalare alcuni già usati da un amico redattore della rivista studentesca cattolica Il Pincio, che adattavo ai testi da pubblicare.

Il primo numero, che portava la data del 19 dicembre 1957, uscì a 12 pagine, con una tiratura di 1000 copie. Ne vendemmo circa 800, tra i 1500 studenti dell’Augusto, al prezzo di 30 lire. Incassammo, così, 24mila lire, a fronte di un costo tipografico di 30mila, per cui noi redattori dovemmo ripianare il deficit sborsando 400 lire a testa. Le cose andarono meglio in seguito.

La mia avventura di apprendista giornalista come direttore dell’Augustus durò tre anni scolastici, fino a maggio del 1960, con la pubblicazione di 15 numeri e un totale di 232 pagine. Per finanziare il giornale, organizzammo ogni anno uno spettacolo teatrale di arte varia, al quale dava un valido contributo, come cantante, suonatore di chitarra, attore comico e ballerino, il nostro compagno di liceo Gigi Proietti. 

Un “infortunio” tecnico nel quale incappai una volta, come impaginatore e revisore del giornale, fu causato da un maldestro “a capo” dopo la parola “porci”, che suscitò lazzi, frizzi e sottolineature ironiche tra i lettori, in un articolo in cui c’era scritto: “Il nostro compito è quello di porci / dei problemi…”.

Insomma, sbagliando sbagliando, a poco a poco imparai il mestiere di giornalista, e dopo gli esami di maturità intrapresi a scrivere articoli retribuiti per un settimanale nazionale.

Nicola Bruni

La foto mi ritrae da studente liceale, accanto a una copertina del giornalino Augustus.