Non sono un poeta, ma…

Non sono un poeta, ma – come una gran parte degli italiani (“popolo di poeti”) – un paio di “poesie”, peccati veniali di gioventù, le ho scritte anch’io. Accadde nel 1968, quando dovetti abbandonare le mie attività e i miei affetti a Roma per vivere praticamente in esilio in una caserma di Caserta, dove ero stato precettato per il servizio militare di leva come allievo ufficiale di complemento dei carristi.

In quella caserma, al posto del pranzo e della cena c’era il “rancio” (termine che dà già un’idea della qualità del prodotto), un pasto che non faceva sempre schifo, ma qualche volta sì, e non di rado lasciava molto a desiderare. 

Il rancio serale era fissato alle ore 18, e si doveva consumare di corsa, perché alle 18,30 bisognava alzarsi immancabilmente dalla sedia (l’ordine impartito era “Ritti!”) per scappare in libera uscita. E chi non aveva finito di mangiare doveva lasciare il cibo nel piatto. Per questo motivo, ci eravamo adattati a ingurgitare la mela, che ci veniva fatta trovare sulla tavola, prima che fosse servito il secondo.

Chi, tra noi, aveva qualche soldo in tasca, durante la libera uscita poteva permettersi una cenetta compensativa “dopo rancio”, in un ristorantino o in una trattoria di Caserta. Io e alcuni miei amici eravamo soliti andare “Da Rocco”, nei pressi di Piazza Vanvitelli.

Ed ecco i due componimenti in versi sciolti, che buttai giù mentre mi sforzavo di vincere “la noia della naia” durante i servizi di guardia armata notturna, e che poi pubblicai sotto il nome d’arte di Nicolaus nella rivista patinata del 52° Corso AUC.

Nel primo, intitolato “Verrò”, esprimevo la mia ansia per quella perdita di tempo lunga 15 mesi che aveva interrotto le mie attività di insegnamento nella scuola e di studioso di Storia della lingua italiana con ambizioni accademiche. Nel secondo, “Cena da Rocco”, in dialetto romanesco, raccontavo la ricerca di una compensazione a livello gastronomico per il disagio spirituale che provavo vivendo “sotto le armi”.

Nicola Bruni

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Nella foto, tra le due poesie citate, sono ritratto in divisa da allievo ufficiale carrista a Caserta nel mese di ottobre del 1968.