La bellezza che salverà il mondo

Giardino all'italiana della villa pontificia Barberini di Castel Gandolfo.

“Il mondo sarà salvato dalla bellezza” è la profezia che lo scrittore russo Fiodor Dostoevskij, nel romanzo “L’idiota” (1869), attribuisce al principe Myškin, allegoria di un Cristo del XIX secolo che si tuffa nel mondo e cerca di redimerlo con la sua bontà.
Quale bellezza? E quale salvezza? I critici hanno cercato di sciogliere l’enigma contenuto in questa frase famosa che viene spesso citata a sproposito. Dal contesto sembra potersi dedurre che Dostoevskij si riferisse a un’idea di bellezza morale, riflesso di una bontà interiore, un’idea che coinciderebbe con quella di Platone (“Il bello è lo splendore del vero”) nel senso che la bellezza sarebbe un’irradiazione della verità di Dio, della bellezza perfetta del Creatore dell’universo.
Dunque, secondo questa interpretazione, l’umanità verrebbe salvata, cioè redenta, da Cristo, che il cristiano Dostoevskij considerava un seminatore di bellezza.
L’idea della bellezza come manifestazione di Dio è presente anche nel “Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi: “Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, / spetialmente messor lo frate sole […]. / Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: / de te, Altissimo, porta significatione”.
Ed è espressa nella visione “angelicata” di Beatrice offerta da Dante in “Tanto gentile e tanto onesta pare”: “Ella si va, sentendosi laudare, / benignamente d’umiltà vestuta, / e par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare”.
Il tema della bellezza che salva è stato ripreso da Papa Francesco, che nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (par. 167) ha indicato una “via della bellezza” verso Dio: “Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù”.

Nicola Bruni

*

Nella foto (di Nicola Bruni), il Giardino all’italiana della Villa pontificia Barberini di Castel Gandolfo.

Lascia un commento