Gli orrori dei lager libici incentivati dal Governo italiano

È un’infamia. Archiviato solo da poche ore il “Giorno della memoria” dell’Olocausto e dei lager nazisti, il Governo Meloni-Salvini-Taiani ha deciso di consegnare ai trafficanti della cosiddetta Guardia costiera libica altre cinque motovedette, da utilizzare per la cattura in mare di “persone” – come dice il Papa – appena liberate dai lager degli schiavisti estorsori dietro il pagamento di un riscatto.

Quelle persone – uomini, donne e bambini, tra i quali ammalati e feriti – saranno poi nuovamente rinchiuse, da innocenti, negli orribili e ben noti campi di prigionia in territorio libico controllati dagli stessi o da altri schiavisti, che li sottoporranno ad altri abusi e torture fino a che non riusciranno ad estorcere dalle loro famiglie un ulteriore riscatto o ne provocheranno la morte. Sono stati 35mila i poveretti catturati in mare e riportati indietro nel 2022 da quei trafficanti di Stato con le motovedette fornite dall’Italia sotto precedenti governi.

È un’infamia paragonabile a quella perpetrata dai fascisti della Repubblica di Salò tra il 1943 e il 1945, quando catturavano gli ebrei, colpevoli di nulla, e li consegnavano ai nazisti perché li deportassero nei campi di sterminio del Terzo Reich.

Nei lager libici – denuncia un rapporto dell’Onu – “innumerevoli migranti e profughi hanno perso la vita durante la prigionia, in mano a trafficanti, uccisi a colpi di arma da fuoco, torturati a morte o semplicemente lasciati morire di fame o di malattie non curate”.

“In tutta la Libia si scoprono corpi non identificati di migranti o profughi con ferite da arma da fuoco, segni di tortura e ustioni. Spesso i loro resti sono rinvenuti tra cumuli di immondizia, o nel letto di un fiume in secca, o nei pressi di una fattoria, o nel deserto”.

“La frequenza dei casi di stupro ai danni delle donne che sono transitate in Libia – confermano gli ispettori dell’Onu – è corroborata da una pletora di fonti. La stragrande maggioranza delle donne e delle adolescenti intervistate hanno riferito di essere state violentate da trafficanti in Libia o di aver visto donne portate via e poi tornate sconvolte, ferite e con i vestiti strappati”. 

I responsabili, che restano impuniti, hanno nomi e cognomi. Spesso indossano una divisa e incassano uno stipendio grazie a finanziamenti dell’Italia o dell’Unione Europea. 

C’è da vergognarsi di essere italiani, per avere un governo che sostiene e foraggia questi orrori fingendo di ignorarli. 

A quelle donne e ragazzine africane violentate nei lager libici, non si applica la propaganda che imperversa in Italia “contro la violenza sulle donne”.

Nicola Bruni

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