Carlo Spagnolli

medico missionario, pioniere della cooperazione internazionale cattolica.

Ho conosciuto e frequentato Carlo Spagnolli negli anni 1969-1974, nel circolo dei “Giovani per il Terzo Mondo” che si riuniva il sabato pomeriggio a Roma nel convento francescano di San Bonaventura al Palatino, sotto la guida spirituale di fra’ Ginepro Baccari. Allora era uno studente di medicina, figlio del senatore trentino Giovanni Spagnolli, eletto per la DC nel collegio di Rovereto, che fu più volte ministro e dal 1973 al 1976 presidente del Senato.

Con lui veniva la sorella Giovanna, e ogni tanto anche suo padre si affacciava ai nostri incontri, nei quali discutevamo sulle iniziative da prendere per sensibilizzare gli altri alla solidarietà verso le popolazioni povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, e per raccogliere fondi in favore di progetti di utilità sociale delle missioni francescane.

Era nato a Roma nel 1949. Laureatosi in medicina e chirurgia nel 1975 all’Università Cattolica del Sacro Cuore, la passione per i poveri di quello che all’epoca veniva chiamato il Terzo Mondo lo spinse a partire subito per Gulu in Uganda, dove svolse il servizio civile sostitutivo di quello militare. 

Lì rimase a lavorare da medico missionario per 14 anni, nell’unico avamposto chirurgico della regione; lì si innamorò di Angelina Bugaru, infermiera caposala ugandese (prematuramente scomparsa nel 2010), che divenne sua moglie e dalla quale ebbe tre figli, Francesco, Giovanni ed Elisa, ora impegnati a continuare la sua opera.

Dal 1989 si trasferì in Eritrea, poi in Etiopia e in Camerun, e dal 1996 in Zimbabwe, terra in cui mise radici.

Nello Zimbabwe il dottor Spagnolli diresse i reparti di chirurgia e ginecologia dell’ospedale Luisa Guidotti di Chinoy, e allestì vari presidi socio-sanitari a sostegno dei più deboli, con l’aiuto economico di una rete di amici trentini e dell’associazione Lifeline Dolomites.

Si dedicò in particolare alla lotta contro l’Aids. Fondò il Villaggio San Marcellino, casa di accoglienza per bambini resi orfani dall’Hiv, una scuola per infermiere, e la Casa della gioia Mariele Ventre (intitolata alla fondatrice dello Zecchino d’oro) per la riabilitazione dei bambini affetti dall’Aids.

Nel 2012, mentre era nello Zimbabwe, subì un infarto e dovette tornare in Italia per curarsi. Da allora la sua grave cardiopatia gli consentì di trascorrere solo brevi periodi in Africa. E’ morto per arresto cardiaco il 2 febbraio scorso in una clinica di Rovereto.

Ora è certamente, come merita, nella “Casa della gioia” del Paradiso.

Nicola Bruni