Il 15 marzo 2024 ricorre il centenario della nascita del mio carissimo cugino Nicola Scopacasa, che ha lasciato questa vita il 2 luglio 2021 all’età di 97 anni. Nato nel 1924 a Dasà in Calabria, abitava a Napoli con la famiglia ed era stato un maestro elementare molto amato dai suoi alunni. Conservo di lui tanti ricordi, risalenti fino alla mia prima infanzia.
Infatti, i miei genitori lo ospitarono in casa a Roma, per fargli frequentare l’istituto magistrale Margherita di Savoia, di Via Cerveteri, negli anni scolastici dal 1942/43 al 1945/46. E durante l’occupazione tedesca di Roma lo tennero nascosto esponendosi al rischio di essere arrestati, perché a 20 anni risultava renitente alla leva della Repubblica Sociale di Mussolini.
In quel periodo, lui si ingegnava per procurare del cibo alla nostra famiglia, servendosi anche di due tessere annonarie supplementari per il razionamento del pane, che si era fatto falsamente intestare a “Nicola Santacasa” e a “Nicola Benincasa”.
Dopo il diploma, fu arruolato per il servizio di leva nell’aviazione delle ricostituite forze armate italiane, presso l’aeroporto di Ciampino. Durante la libera uscita, veniva spesso a casa nostra, dove io – come poi mi è stato raccontato – ero solito accoglierlo con la domanda: “A Nicò, te la fumi una sigaretta?”. Lui mi regalava le sue razioni militari di marmellata, che a quel tempo costituivano per me una rara leccornìa; e mi conduceva a spasso nella zona di Porta San Giovanni, a curiosare davanti ai baracconi del tiro a segno, delle pile di barattoli da abbattere a colpi di palla, e della pesca meccanica di giocattolini vari.
Negli anni ‘50, ottenuta una cattedra di maestro elementare, prima a Taranto, poi a Napoli, veniva sempre a trascorrere le vacanze di Natale e quelle di Pasqua a Roma, ospite della nostra famiglia. E ogni volta arrivava carico di confezioni di dolciumi che – come si usava allora – gli erano state donate dai genitori dei suoi scolari, e le riversava sui tre cuginetti romani.
In quelle occasioni, gli piaceva accompagnarmi al cinema o ad uno spettacolo teatrale. Ricordo, in particolare, di aver visto insieme con lui il film “Le diciottenni”, interpretato da una splendida Virna Lisi, che di notte evadeva dalla sua camera di collegio per incontrarsi in giardino con l’innamorato. E al teatro Quirino la commedia di Eduardo De Filippo “Monsignor Perrelli”, un ecclesiastico strampalato che pretendeva di abituare i suoi cavalli a non mangiare, ma quando pensava di esserci quasi riuscito, quelli, inopinatamente, creparono.
Inoltre, d’estate, per godersi con noi il mare, il cugino maestro si prestava a fare da accompagnatore su uno dei camion che portavano alla colonia di Fregene le famiglie dei militari dell’Esercito, tra le quali c’era la mia. Allora tutti lo chiamavano con il nome di Nicola, o con il cognome di Bruni, fino a che un giorno una ragazza udì il direttore della colonia rivolgersi a lui con il suo vero cognome di Scopacasa, e si mise a canzonarlo. Al che lui, senza scomporsi, le rispose: “Ma tu ti sei dimenticata che ti chiami Porcelli?”. “Ah!”. Gli astanti rimasero a bocca aperta.
Nicola Bruni
Nella foto, scattata il 24 agosto 1943 a Roma nella Villa Scipioni, il cugino Nicola, diciannovenne, è in piedi, dietro a me, con mia sorellina Mariuccia, nata da poco, e ai miei genitori Stella e Peppino.