Non c’è più il “popolo” di una volta

È ormai evidente che in Italia non c’è più il “popolo” di una volta. Quel popolo reso “sovrano” dalla Costituzione della Repubblica del 1948 (della cosiddetta “Prima Repubblica”).

Quel popolo che esercitava il potere con metodo democratico attraverso i partiti (articolo 49), partecipando in larga misura alle loro attività, concorrendo a determinarne la politica ed esprimendo al loro interno una classe dirigente non improvvisata e di alto livello.

Quel popolo che andava a votare con percentuali superiori al 90 per cento, perché aveva una grande fiducia negli strumenti della democrazia. Quel popolo che aveva il diritto (perduto dal 1994) di scegliere con i voti di preferenza i candidati da eleggere alla Camera dei deputati.

Quel popolo di elettori che si faceva rappresentare nel Parlamento e nelle assemblee elettive locali con un sistema proporzionale, per cui i voti dei singoli cittadini avevano tutti lo stesso “peso”, mentre ora il sistema maggioritario ha abolito di fatto il principio costituzionale di uguaglianza (“Il voto è personale ed eguale”, articolo 48) facendo valere di più il voto di chi azzecca una lista beneficiaria del premio di maggioranza. 

Quel popolo che si faceva governare da un esecutivo espressione di una maggioranza parlamentare rappresentativa della maggioranza reale degli elettori votanti, e non – come avviene dal 1994 – della minoranza più forte promossa per legge a maggioranza parlamentare.

Al posto del “popolo sovrano”, oggi, c’è la “gente”, sempre più sfiduciata verso i politici, i quali d’altra parte cercano di assecondarla inseguendo discutibili sondaggi; una gente che può mormorare e protestare, ma che non può far sentire la sua voce nelle sedi di partito per condizionare le scelte dei capi; una gente che in gran parte non si sente rappresentata dalle forze politiche attuali e tende sempre più a disertare le urne.

Oggi, non ci sono più i partiti di massa di una volta, con sezioni diffuse e operanti sul territorio; partiti che erano sostenuti e alimentati da una rete di associazioni collaterali; sezioni dove si poteva discutere di politica e cominciare ad eleggere i “vertici” dal basso. 

Al loro posto ci sono delle oligarchie chiamate “partito” o “movimento”, dominate e impersonate da un leader (uomo o donna) solo al comando, che si autoriproducono per cooptazione, e che non hanno più una classe dirigente preparata di livello nazionale e internazionale, come “ai tempi di una volta”.

Oggi, le leggi – tranne poche eccezioni – non le fa più il Parlamento, ridotto in massima parte a ratificare con voto di fiducia i decreti di un Governo impersonato dal “Premier”. Il quale talvolta si vanta di esserseli “portati a casa”, quasi fossero diventati di sua proprietà personale.

Oggi, insomma, non c’è più la democrazia rappresentativa e partecipata di una volta. Siamo ormai alla post-democrazia, e non solo in Italia.

Nicola Bruni
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Nella foto: partecipazione di popolo ad un comizio elettorale del 1948.


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