La falsificazione del Natale di Gesù

Mi dispiace vedere che il Natale di Gesù venga così grossolanamente falsificato dal simbolo consumistico di un pupazzo chiamato Babbo Natale, come traduzione dello statunitense Santa Claus. Un simbolo che non ha nessuna parentela spirituale con il venerato vescovo San Nicola di Myra, del IV secolo, il quale nella ricorrenza del Natale celebrava solennemente la nascita di Cristo, il Salvatore, non la festa dei regali, dei commerci, dei consumi e degli sprechi.

 Secondo un’antica tradizione diffusa in alcuni paesi del Nord Europa, e in alcune regioni d’Italia, il vescovo San Nicola, raffigurato con mitria e paramenti episcopali, portava doni ai bambini in occasione della sua festa, il 5 o il 6 dicembre, non a Natale.

Poi, negli anni ’30 del Novecento, della sua figura si sono impadroniti i pubblicitari americani della Coca Cola, laicizzandola sotto il nome di Santa Claus, ridisegnandola come un vecchio corpulento dalla lunga barba bianca, vestito di rosso (il colore della ditta), e differendo al giorno di Natale la consegna dei regali.

Quando ero bambino io, almeno a Roma, la tradizione di Babbo Natale non esisteva, e i regali ai bambini li portava la Befana il 6 gennaio. Poi l’Italia ha subito una colonizzazione culturale dagli Stati Uniti, e a poco a poco il pupazzo di Babbo Natale è divenuto anche per molti cristiani inconsapevoli, e dei loro bambini battezzati, il simbolo di una festa di Natale senza il vero festeggiato, Gesù, il Figlio di Dio che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. 

Per questo, io considero quel pupazzo – mi rincresce dirlo a quelli che gli si sono affezionati – un simbolo anticristiano: di un Natale trasformato nella festa di un personaggio mitico, ideato per oscurare o sostituire il divino Bambinello, e utilizzato al servizio anche di interessi commerciali con nessun riferimento ai doni per i bambini.

Nicola Bruni

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Nella foto, affresco del Presepe (metà del XIV secolo) nella chiesa di Santa Chiara ad Assisi.

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