ll vestito “rivoltato” della Prima Comunione

Questa è la foto ricordo della Prima Comunione che io e mia sorella Mariuccia ricevemmo l’11 maggio del 1952, nella chiesa romana della Natività. Interamente vestiti di bianco, compresi i guanti, le scarpe e il libricino di preghiere. All’epoca, io avevo 10 anni, lei era di 20 mesi più giovane. I nostri abiti, che appaiono perfetti nella forma, non furono acquistati in una boutique di lusso, ma li confezionò la mia mamma, Stella Cesarelli, bravissima a lavorare in casa come sarta per uso familiare e come maglierista per una clientela esterna.

In particolare, il completo di giacca (con fazzoletto nel taschino) e pantaloni (con risvolto) che indossavo io fu ricavato dalla stoffa “rivoltata” di una divisa coloniale di gala del mio papà, Peppino, maresciallo dell’Esercito. La mamma vi applicò anche i bottoni dorati dell’uniforme, unico elemento di colore diverso nel candore del mio abbigliamento, oltre alla cravatta argentata. E Mariuccia aveva solo una catenina d’oro con il Crocifisso.

A quei tempi, “risparmiosi”, si usava molto riciclare la stoffa di vestiti usati per trarne altri indumenti, spesso rivoltandola in modo da farla apparire nuova e talvolta cambiandone il colore con un trattamento in tintoria. Mia moglie, Elina, mi raccontava che il suo vestito della Prima Comunione a Catania, nel 1950, fu confezionato da sua nonna con la stoffa bianca di un paracadute americano della Seconda guerra mondiale.

Da notare anche, in questa foto, la borsetta di mia sorella, appesa al polso sinistro, i suoi boccoli, acconciati dalla mamma con un ferro caldo, e la mia impeccabile pettinatura, consolidata e lucidata dalla brillantina. 

La festicciola per l’evento fu fatta in casa con un piccolo rinfresco, senza bomboniere né confetti. E agli invitati fu distribuito il ricordino stampato qui riprodotto.

Nicola Bruni