Il mio amichetto del cuore, negli anni della preadolescenza (tra il 1952 e il 1955) a Roma, si chiamava Lillino e abitava nel mio palazzo di Via Licia 56. Come si usava a quei tempi, tutti e due portavamo i calzoni corti. Poiché lui era figlio unico e io avevo una sorella e un fratello, di solito giocavamo insieme a casa sua, dove non veniva a disturbarci nessuno.
A quel tempo non c’era la tv, ma lui si teneva aggiornato sulle vicende di attori e cantanti famosi, andando al cinema, ascoltando la radio e leggendo il settimanale “Sorrisi e canzoni”. Essendo più grande di me di dieci mesi, mi influenzava con i suoi interessi e mi trasmetteva i suoi miti. Aveva collocato in bella mostra nella sua cameretta alcune foto in bianco e nero di attrici sulla cresta dell’onda, acquistate dal giornalaio: Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Mangano, Elizabeth Taylor, Ava Gardner…
La mia “star” preferita era Rossana Podestà, che avevo visto in un film. Mi piaceva la sua faccia “pulita”, il suo sorriso dolce. Avrei voluto avere una fidanzata bella come lei.
Non sapevamo ballare e cercammo, all’inizio, di imparare il tango seguendo le istruzioni dell’inserto di una rivista che indicava con disegni i movimenti dei piedi da eseguire, mentre ascoltavamo un disco suonato da un grammofono. Ma non avevamo capito come funzionasse il ballo e ci muovevamo goffamente tenendo i piedi dell’uno attaccati a quelli dell’altro.
Si affacciò nella stanza la mamma di Lillino e, vedendo quella scena, scoppiò in una sonora risata: “Camora! – esclamò con un’espressione del profondo sud calabrese – Non si balla con i piedi attaccati!”.
Tra i nostri miti c’era quello dell’attore americano Sterling Hayden, interprete di un paio di film western proiettati al “cinema dei preti“. Lillino e io ammiravamo in particolare il suo modo disinvolto di camminare, e cercavamo di imitarlo nelle nostre passeggiate, avanti e indietro, lungo Via Gallia, rendendoci probabilmente ridicoli agli occhi dei passanti.
Durante quelle lunghe camminate “dei passi perduti” tra Piazza Tuscolo e Porta Metronia, ci capitava ogni tanto di incrociare due sorelle, carine, press’a poco della nostra età, 13-14 anni. Ci piacevano, e avremmo voluto abbordarle per fare amicizia, ma, essendo due “timidoni”, non ne avevamo il coraggio.
Un giorno decidemmo di seguirle da vicino in maniera evidente, fermandoci quando loro si fermavano, nella speranza che si girassero verso di noi e ci rivolgessero la parola. Ma niente. Svoltarono per Via Licia, poi per Via Taurasia, e noi sempre dietro, a pochi metri di distanza. Fino a che entrarono in un portone di Largo Pannonia, e ci lasciarono a bocca asciutta. Erano due ragazze “serie”, che – secondo i costumi dell’epoca – non davano confidenza a ragazzi sconosciuti. Chissà che cosa avranno pensato di noi. Certamente non sapevano che anche noi, a modo nostro, eravamo ragazzi seri.
Nicola Bruni
Nella foto, Lillino e io vestiti da giovanottini con i calzoni corti (1954).