Sono molto contento per la rielezione alla Presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella, che nei sette anni del suo primo mandato ha saputo esercitare le funzioni di Capo dello Stato e di rappresentante dell’unità nazionale con imparzialità, inclusività, equilibrio, dignità, sobrietà e mite fermezza.
Grazie anche all’integrità morale della sua persona e alla saggezza politica dei suoi pronunciamenti, il presidente Mattarella ha meritato la stima e l’affetto della grande maggioranza degli italiani, che ne invocava il “bis” al Quirinale, ed ha accresciuto il prestigio internazionale dell’Italia.
Con una paziente opera di mediazione e di persuasione è riuscito, in tre diverse circostanze e nel rispetto della maggioranza parlamentare del momento, a garantire la governabilità del Paese nonostante la frammentazione delle forze politiche, fino a compiere il prodigio di dare vita, in una situazione di emergenza, all’attuale governo di unità nazionale tra partiti avversari, sotto la guida capace e autorevole di Mario Draghi.
Ha difeso i princìpi e le norme della Costituzione, esaltandone i valori di libertà, di democrazia, di uguaglianza e pari dignità tra i cittadini, di solidarietà, di tutela della salute, di mantenimento della pace, di rispetto dei diritti inviolabili della persona a prescindere dalla cittadinanza.
Ha sostenuto la scelta europeistica dell’Italia in un momento in cui veniva messa in dubbio dall’emergere di tentazioni isolazioniste e sovraniste.
Ha mostrato una costante attenzione verso i giovani, le fasce più deboli della società, il mondo del volontariato e le eccellenze degli italiani e delle italiane nei vari campi dell’attività umana.
Ha offerto un’esemplare testimonianza di vita, di uomo buono e retto, di cristiano fedele agli insegnamenti del Maestro, di politico coerente con i valori professati del cattolicesimo democratico.
È di lunga data la mia stima per il presidente Mattarella, che ho conosciuto quando era ministro della Pubblica Istruzione, tra il 1989 e il 1990. Come giornalista specializzato nell’informazione sulla scuola e corrispondente da Roma del quotidiano Il Giorno di Milano, ne seguii per un anno l’attività di governo, partecipando alle sue conferenze stampa e registrando i suoi interventi in pubblici convegni.
Allora potei apprezzarne la pacatezza, la moderazione del linguaggio, la cortesia anche nel rispondere alle polemiche degli avversari, la capacità di mediazione politica e, soprattutto, il senso dello Stato.
Il 13 giugno del 1990 andai a intervistarlo nel suo ufficio di Viale Trastevere, dove mi trattenne cordialmente a colloquio per più di un’ora. Durante la conversazione scoprimmo di essere coetanei del 1941 e di aver condiviso, sia pure a distanza, nella prima metà degli anni ’60 l’avvincente esperienza politico-formativa del Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana sotto la guida di grandi maestri (Fanfani, Moro, La Pira, Pistelli, De Stefanis…). L’indomani, alla vigilia dell’inizio degli esami di maturità, Il Giorno pubblicò la sua intervista, da me firmata, in apertura delle pagine di cronaca nazionali, con un titolo a nove colonne che annunciava: “Temi secondo tradizione”.
Il 27 luglio successivo, Mattarella – uomo politico “dalla schiena diritta” – si sarebbe dimesso dal VI Governo Andreotti, insieme con altri quattro ministri della sinistra democristiana, per protesta contro l’emendamento “salva-Fininvest” a favore di Berlusconi introdotto nella “legge Mammì” sul riassetto del sistema radiotelevisivo. E pochi giorni dopo avrebbe votato disciplinatamente la fiducia allo stesso Governo con un altro ministro al posto suo.
Dunque, abbiamo ancora nella persona di Sergio Mattarella un galantuomo al Quirinale: uno statista mite ma risoluto, dotato di una grande esperienza e cultura politica, in grado di rappresentare degnamente l’Italia nel mondo e di far rispettare le regole della democrazia; un presidente capace dire di “no“, quando necessario, anche ai suoi amici, e di tutelare i diritti costituzionali di tutti gli italiani.
La sua elezione e la sua rielezione a larghissima maggioranza alla suprema carica dello Stato costituiscono oggettivamente anche un risarcimento morale per la Democrazia Cristiana – partito del quale Mattarella è stato deputato, ministro e vicesegretario politico – che per molti anni ha dovuto subire, nell’opinione pubblica, una “damnatio memoriae” (condanna all’oblio) dei suoi grandi meriti nella storia d’Italia.
Nicola Bruni