Madama Lucrezia è una delle sei “statue parlanti” di Roma (con Pasquino, Marforio, il Babuino, il Facchino e l’Abate Luigi), le quali davano voce al malcontento popolare mediante brevi testi satirici anonimi, scritti in italiano, in romanesco o in latino, detti “pasquinate”, che tra il XVI e il XIX secolo venivano affissi di notte ai loro basamenti ed erano volti a colpire importanti personaggi pubblici della Roma pontificia. E’ l’unica figura femminile della cosiddetta Congrega degli Arguti.
La statua detta di Madama Lucrezia è un colossale busto marmoreo di epoca romana, alto circa 3 metri, attualmente collocato all’angolo tra il Palazzetto Venezia e il Palazzo Venezia in Piazza San Marco.
Come per le altre “statue parlanti”, non le si è potuta assegnare una identificazione certa.
Lo scialle legato tra i seni con il tipico nodo permette di identificare la figura con la dea Iside, mentre le dimensioni fanno pensare a una statua di culto, forse proveniente dal vicino santuario romano dedicato a quella divinità egizia, in Campo Marzio. Alla stessa statua sarebbe appartenuto il “Piè di marmo”, collocato nell’omonima via del centro di Roma.
Il busto sarebbe stato donato a Madama Lucrezia d’Alagno (1430-1479), una bellissima amante di Alfonso V d’Aragona, re di Napoli, la quale, dopo la morte di Alfonso, si trasferì a Roma e abitò nei pressi del luogo dove ora si trova la statua. Di qui, il nome che gli è stato attribuito.
In passato, Madama Lucrezia era posta al centro di diverse feste che animavano quella piazza. La più folcloristica era il “palio dei disgraziati”, che nell’Ottocento si svolgeva ogni primo maggio. Consisteva in un ballo popolare al quale partecipavano non solo giovani del rione, ma anche gobbi, storpi e vecchi malconci, suscitando l’ilarità dei popolani che accorrevano da tutta la città per godersi lo spettacolo. Prima di ogni ballo, le coppie dovevano inchinarsi a Madama Lucrezia, che per l’occasione veniva pitturata, truccata e addobbata a festa, con nastri colorati, collane di teste d’aglio, cipolle e peperoncini e un diadema di carote e cipolle.
Si narra che fosse tradizione inchinarsi e togliersi il cappello davanti a Madama Lucrezia. Alcuni monelli si incaricavano di far rispettare l’usanza anche ai forestieri: gettavano una moneta legata ad un filo davanti ad un passante e quando questi si abbassava per raccoglierla, la ritiravano prontamente, mentre un tiratore di precisione faceva saltare il suo copricapo con un colpo di fionda.
Nicola Bruni