Niente di nuovo sul fronte occidentale

“Niente di nuovo sul fronte occidentale” è un romanzo storico scritto nel 1929 da Erich Maria Remarque, pseudonimo di Erich Paul Remark, che narra le vicende di un soldato tedesco durante la Prima guerra mondiale. Un grande classico della letteratura europea, che da insegnante ero solito proporre ai miei alunni.

Il protagonista, Paul Bäumer, insieme con alcuni amici appena diciannovenni, si arruola come volontario nell’esercito tedesco per combattere nella Grande Guerra, plagiato dalla propaganda militarista e da quella del suo insegnante Kantorek, e muore poche settimane prima della capitolazione della Germania, nell’ottobre del 1918.

Quel giorno fu molto calmo e silenzioso lungo tutto il fronte, tant’è che il rapporto del comando tedesco riportava: “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. 

Il soldato Paul Bäumer era morto, ma per il suo comando quella morte era “niente di nuovo”.

Paul era stato sconvolto dal rimorso per aver ucciso, pugnalandolo, un soldato francese che durante un attacco era caduto nella buca dove lui si era acquattato. Aveva poi scoperto, aprendo il suo portafoglio, che quel “nemico” era un uomo come lui: si chiamava Gérard Duval, aveva una moglie, una bambina, una mamma e un papà e faceva il tipografo.

Straziato dal dolore, Paul aveva cercato di chiedergli perdono: “Perdonami, compagno! Noi vediamo queste cose troppo tardi. Perché non ci hanno mai detto che voi siete poveri cani al pari di noi, che le vostre mamme sono in angoscia per voi, come per noi le nostre, e che abbiamo lo stesso terrore, e la stessa morte e lo stesso patire… Perdonami, compagno, come potevi essere tu mio nemico? Se gettiamo via queste armi e queste uniformi, potresti essere mio fratello, come Kat, come Alberto. Prenditi venti anni della mia vita, compagno, e alzati; prendine di più, perché io non so che cosa ne potrò mai fare”.

Paul “era caduto con la testa in avanti e giaceva sulla terra, come se dormisse. Quando lo voltarono si vide che non doveva aver sofferto a lungo: il suo volto aveva un’espressione così serena, quasi che fosse contento di finire così”

Nicola Bruni

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