Il bello della famiglia

La nascita del primo figlio, Paolo, avvenuta il 13 dicembre 1975, segnò per Elina e per me un altro grande cambiamento delle nostre vite, dopo la svolta esistenziale del matrimonio. Eravamo diventati mamma e papà.

Come nella canzoncina che cantavo in coro da bambino alla colonia marina di Fregene: “Se prima eravamo in due a cantare lapinpapò, adesso siamo in tre a cantare lapinpapò”. Quel bambino ci vincolava, condizionando la nostra libertà di azione; allo stesso tempo riempiva di gioia e di apprensione i nostri cuori. 

Elina aveva già subito la dolorosa esperienza di un aborto spontaneo al terzo mese di gravidanza, nel novembre del 1974, mentre non sapeva di essere incinta. Perciò, considerò quella maternità, oltre che un incomparabile dono di Dio, anche un successo del suo essere donna.

Per il secondo figlio, Fabio, nato il 28 febbraio 1979, quando Elina aveva 39 anni, la gestazione fu molto difficile: la minaccia di aborto incombente la costrinse a due brevi ricoveri ospedalieri e a stare, eroicamente, a letto per circa 200 giorni di seguito, fino al parto. La sua nascita fu per lei una straordinaria vittoria.

Avevamo due maschietti, due “bambini romani”, come ci disse complimentandosi con noi un’amica di Catania. Una replica di “Bibì e Bibò”, come li chiamava la nonna Stella ricordando le storielle a colori narrate negli anni ’40 dal Corriere dei Piccoli.

Elina è stata una mamma dolcissima, ma anche ferma nell’educare i figli. Trovammo una provvidenziale soluzione per dividerci i compiti, quando, nel marzo del 1976, il ministro della Pubblica istruzione Franco Maria Malfatti, che mi conosceva come giornalista e insegnante, mi propose un distacco dalla scuola al suo ufficio stampa ministeriale. Accettai, con il ruolo di vicecapo dell’ufficio e un turno di lavoro pomeridiano-serale, che mantenni per un decennio anche con altri sei ministri. Così, io avevo la mattinata libera per accompagnare e riprendere i bambini al nido o a scuola, o per accudirli in casa quando erano ammalati, mentre Elina, che al mattino insegnava, si occupava di loro nel resto della giornata.

La domenica andavamo a Messa tutti e quattro insieme. Ma che stress cercare di farli stare fermi in chiesa quando erano più piccoli! 

Conservo bei ricordi di quegli anni. Paoletto voleva essere accompagnato dalla mamma ad aspettare per ore i treni che passavano, “te-tùn, te-tùn”, sotto il ponte della ferrovia di Piazza Zama. Di Fabietto, rimase famosa una domanda che fece davanti alla vetrina di una pasticceria di Naxos: “Mamma, me lo compri un pacciccìno?”.

Elina e io seguimmo i figli con costanza in tutto il loro percorso scolastico, dalla prima elementare alla maturità, stimolandoli, aiutandoli nello studio e integrando la formazione impartita dalla scuola.

Non furono, però, tutte “rose e fiori”, perché dovemmo affrontare le fasi di conflittualità adolescenziale dei due ragazzi. Per superarle, ci vollero pazienza, duttilità, disponibilità al perdono e tanto amore. In quella impresa, un ruolo fondamentale lo svolse la mamma.

Poi, all’università, i figli spiccarono il volo da soli: Paolo si è laureato brillantemente in Lettere e ora fa il professore nel liceo classico di Ostia; Fabio, conseguita la laurea specialistica in Ingegneria gestionale, si è affermato come dirigente in una società di consulenza informatica a Roma.

Nel 2002, entrambi smammarono da casa, con il nostro aiuto, facendoci tornare a vivere in completa intimità come una coppia di sposi novelli. E finalmente nel 2013, prima l’uno, poi l’altro, ci hanno dato la soddisfazione e la gioia di diventare nonni di due meravigliosi “brunettini“: Leo e Gabriel. I quali, come parte di noi, continueranno la nostra vita.

Grazie a Dio, abbiamo avuto e abbiamo una bella famiglia. 

Nicola Bruni

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Nella foto, dell’estate 1985, la nostra famiglia in vacanza in un bosco delle Serre Calabre, nei pressi di Mongiana.