Cinquant’anni fa, il 9 maggio 1971, io fui tra gli organizzatori di una grande manifestazione giovanile di solidarietà internazionale: una Marcia di 25 chilometri nelle vie di Roma per lo sviluppo del Terzo Mondo.
Promossa dal movimento di volontariato Mani Tese, nello spirito della recente enciclica del papa Paolo VIPopulorum progressio, e patrocinata dalla FAO, la Marcia raccolse la partecipazione entusiastica di oltre centomila giovani, provenienti da tutta Italia, per lo più aderenti a varie associazioni, e di una folta rappresentanza degli studenti stranieri delle nostre università.
Il corteo fece una sosta in Piazza San Pietro, dove ricevette il plauso e l’incoraggiamento di Paolo VI, e si concluse con un raduno che riempì il Circo Massimo (nella foto), dove furono letti messaggi di adesione del segretario generale dell’ONU U-Thant e di alcune personalità di fama mondiale.
All’epoca, io avevo 29 anni, ero professore all’istituto tecnico femminile Margherita di Savoia e facevo parte, come animatore, di due circoli giovanili cattolici, quello dei Giovani per il Terzo Mondo (con sede nel convento francescano di San Bonaventura al Palatino) e quello della chiesa di San Bernardino in Via Panisperna, che insieme riuscirono a coinvolgere, sotto il mio impulso, nella Marcia circa 1500 tra ragazzi e ragazze.
Preparammo cartelli e striscioni da innalzare nel corteo, con slogan che indicavano i motivi della manifestazione: Ogni uomo è mio fratello, Portiamo la voce di chi non conta niente, La fame degli altri è la nostra vergogna, Molto sarà chiesto a chi molto ha ricevuto, La Luna non dà pane a chi ha fame, Meno armi più aratri, Signore, facci sentire l’angoscia della miseria universale.
Tra gli obiettivi della Marcia vi era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di promuovere la rivoluzione verde, ossia lo sviluppo agricolo dei Paesi poveri, con adeguati interventi di carattere formativo, tecnico e finanziario.
Non si trattò di una semplice passeggiata. I giovani pedonauti – così si definivano i partecipanti – erano muniti di una tessera, sulla quale ad ogni tappa chilometrica veniva applicato un bollino di controllo. A ciascuno di quei bollini corrispondeva una quota di finanziamento che uno dei tanti sponsor dell’iniziativa aveva garantito per i progetti di sviluppo agricolo del movimento Mani Tese in vari Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia (creazione di scuole e cooperative agricole, aziende modello, opere di irrigazione, acquisto di attrezzature meccaniche per la lavorazione dei campi, pompe idrauliche, perforatrici per i pozzi…).
Furono raccolti a quello scopo circa trecento milioni di lire, che servirono a dare un po’ di concretezza allo slancio di solidarietà dei giovani marciatori.
Nicola Bruni