quella di un laicismo intollerante delle fedi religiose e quella di un fanatismo islamico omicida.
Non c’è invece il preteso “scontro di civiltà” tra Cristianesimo e Islam, che i seminatori di odio si sforzano attizzare.
Crimine orrendo, quello di Samuel Paty, il professore francese decapitato il 16 ottobre a Parigi da un estremista islamico. Paty è stato commemorato in Francia come un martire della libertà di satira, di una certa satira senza limiti e con “diritto di blasfemia” (parole del presidente Macron): perciò deve essere considerato anche un martire della libertà di offendere la sensibilità religiosa altrui e di seminare odio in chi si senta offeso, un martire della libertà di intolleranza.
Tutto il contrario dell’insegnamento di Papa Francesco che predica la fratellanza universale, il rispetto e l’amicizia tra fedeli di diversa religione e tra credenti e non credenti.
Ciò premesso, non intendo giustificare l’assassinio del professore per il suo gesto offensivo dei musulmani, come nessun atto di violenza a sostegno di qualunque causa, anzi condanno fermamente la violenza, tanto più se esercitata in nome di Dio.
Sul principio che non si può uccidere in nome di Dio, hanno sempre convenuto rappresentanti di tutte le grandi religioni, compresi autorevoli esponenti islamici, sunniti e sciiti, negli incontri internazionali di dialogo che vengono organizzati ogni anno, fin dal 1987, dalla Comunità di Sant’Egidio.
Peraltro, suona falsa la retorica di sbandierare “Charlie Hebdo” come simbolo della “libertà di tutti”. Libertà di tutti, no, perché quel settimanale “satirico” (ma la vera satira è un’altra cosa) persiste nel dileggiare i simboli della fede religiosa dei credenti in Dio, non solo musulmani, ma anche cristiani ed ebrei, Gesù e Mosè al pari di Maometto: dunque non rispetta la loro libertà di professare la propria religione senza essere offesi in ciò che hanno di più sacro.
Negli autori e negli amplificatori dei dileggi del profeta dell’Islam, che non demordono di fronte a decine e decine di morti, sembra ci sia un gusto sadico di provocare le micidiali ritorsioni dei fanatici islamisti. Parafrasando uno slogan mussoliniano, gli si potrebbe attribuire come motto programmatico: “molti amici assassinati, molto onore”. E se quei terroristi ammazzano anche dei cristiani innocenti, scambiando nella loro ignoranza i miscredenti redattori di Charlie Hebdo per “crociati”, tanto meglio, perché così si incrementa l’islamofobia anche tra i cristiani, e si fomenta uno “scontro di civiltà”, che è invece uno scontro tra due inciviltà: quella di un laicismo intollerante delle fedi religiose e quella di un fanatismo islamico omicida.
Le vignette irridenti del settimanale francese contro Maometto e contro Gesù non possono essere considerate un simbolo di laicità, perché il fondamento della laicità è il rispetto di tutte le fedi religiose o non religiose.
Che ne direbbero i corifei della “laïcité” alla francese se la libertà di satira aggressiva, irridente e “senza limiti” di Charlie Hebdo prendesse di mira la “categoria protetta” (dal Pensiero dominante) degli omosessuali o addirittura quella delle vittime dell’Olocausto nazista?
Nicola Bruni
Nella foto, Papa Francesco abbraccia il grande imam dell’Università egiziana di al Azhar, Ahmed al Tayyeb,
come gesto pedagogico per educare all’amicizia tra cristiani e musulmani.