Licenza di Capodanno

Passai il Natale del 1968 da militare di leva in una caserma di San Vito al Tagliamento (Friuli), con il grado di sergente allievo ufficiale dei Carristi. Il turno di licenza natalizia mi sarebbe toccato per la settimana intorno al Capodanno. 

Stavo sopportando, già da circa sei mesi, la dura penitenza della “naia” con uno spirito che si sforzava di imitare la francescana “perfetta letizia” di fronte alle avversità della vita: cioè con giovanile buonumore.

Avevo 27 anni, non ero fidanzato e neanche innamorato, ma ancora alla ricerca di un grande amore da libro dei sogni. Ero stato costretto a sospendere le mie attività di professore di Lettere, di assistente volontario all’università e di giornalista pubblicista per “servire la Patria”, umilmente, in uniforme – a cominciare dai servizi di pulizia della caserma – e imparare a difenderla con i carri armati. 

Quello che mi dava più fastidio, della vita militare, era il linguaggio turpiloquente, spesso farcito di bestemmie, che fioriva anche sulle bocche di ufficiali e sottufficiali, i quali sembravano sfoggiarlo come un segno di virilità.

Nel pomeriggio della Vigilia andai a confessarmi dal parroco del paese, e l’indomani ricevetti la santa Comunione durante la Messa di Natale celebrata in caserma dal cappellano di fronte alla truppa schierata. Poi, il pranzo con alcuni colleghi in un ristorantino dei dintorni, e gli auguri a mamma, papà, sorella e fratello con il telefono a gettoni. 

Finalmente, il 29 dicembre ottenni il foglio di licenza, 5 giorni + 2 di viaggio, e partii a razzo con la mia Fiat 500 in direzione di Roma. 

Arrivato a casa, mi misi subito in contatto telefonico con i miei amici, per organizzare la partecipazione ad un veglione di Capodanno. Inaspettatamente, mi giunse l’invito, esteso a tutta la mia comitiva, da una ex collega della facoltà di Lettere per una festa in un antico castello alla periferia della città. “Porta più gente che puoi”, mi disse. Ci presentammo in una dozzina, tra maschi e femmine. Ballammo rock and roll, twist, hully gully, charleston; mangiammo ad un ricco buffet; brindammo, sparammo botti e lanciammo fuochi d’artificio per salutare l’arrivo del nuovo anno: insomma, scatenammo un’allegra baldoria e ci divertimmo “un sacco”.

Quella fu per me una felice rimpatriata dall’esilio della naia, che si sarebbe prolungato, con la promozione a sottotenente, fino all’11 ottobre del 1969.

Nicola Bruni

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Nella foto, del dicembre 1968, sono in uniforme da sergente allievo ufficiale con le mostrine dei Carristi

e del Reggimento Lagunari “Serenissima”, al quale appartenevo, nella caserma di San Vito al Tagliamento.