Democrazia rappresentativa in declino

Il declino della democrazia rappresentativa in Italia è il segnale più preoccupante che emerge dalle elezioni parlamentari del 25 settembre 2022, con un astensionismo record al 36,21 per cento sul territorio nazionale (un 9 per cento in più rispetto al 2018) e lo stravolgimento maggioritario della rappresentanza popolare. 

Se al numero degli astenuti aggiungiamo quello delle schede bianche o nulle (1 milione 300mila, pari al 2,8 per cento degli elettori) e il totale dei voti attribuiti alle liste che non hanno ottenuto nessun seggio, arriviamo a circa il 43 per cento del corpo elettorale che non ha rappresentanza in Parlamento. Se poi consideriamo che moltissimi elettori hanno scelto di votare come “male minore” un partito dal quale non si sentono rappresentati, lo scollamento tra Paese reale e Paese legale appare ancora più marcato.

Ha trionfato indubbiamente, sulla base delle attuali regole elettorali, la coalizione di destra-centro guidata da Giorgia Meloni, che ha diritto di governare. Il problema è che quelle regole calpestano le norme dell’articolo 48 della Costituzione secondo cui “il voto è personale ed eguale”, e dell’articolo 3 che riconosce “eguali di fronte alla legge” (compresa quella elettorale) tutti i cittadini.

Vi sembra egualitaria e democratica una votazione che rende “più eguale”, in termini di rappresentanza parlamentare, il voto di chi ha scelto la coalizione con il maggior numero di consensi? Porrei la stessa domanda se avesse vinto la coalizione avversaria.

Vi sembra giusto, fra l’altro, che la Lega con circa 1 milione e 400 mila voti abbia alla Camera quasi stesso numero di eletti sul territorio nazionale (66) del Partito Democratico (67), che di voti ne ha presi 5 milioni e 355mila? Come dire che un elettore della Lega vale 4 volte un elettore del PD. Vi sembra giusto che la stessa Lega abbia 15 deputati (eletti in Italia) in più del Movimento 5 Stelle (51) che ha riportato il triplo dei suoi voti (4 milioni 334mila)?

Vi sembra giusto che la coalizione minoritaria più forte, al 43,79 per cento dei voti, si aggiudichi tra Camera e Senato una maggioranza artificiale di 352 seggi su 600, pari al 58,67 per cento? 

La conseguenza è che avremo un governo con un’ampia maggioranza parlamentare, ma che non rappresenta la maggioranza degli italiani. 

Un altro effetto negativo è che l’indice di rappresentatività reale di ciascun partito si deve considerare ridotto del 39 per cento (l’entità dei non votanti): come dire che la nuova coalizione di governo, sulla base dei voti ricevuti, rappresenta solo il 26,71 per cento degli elettori residenti in Italia.

Peraltro, grazie alla disomogenea distribuzione geografica dei voti, si è evitato che con la stessa percentuale a livello nazionale la coalizione vincente conquistasse – come si ipotizzava alla vigilia delle elezioni – la maggioranza dei due terzi nei due rami del Parlamento, che gli avrebbe consentito di cambiare “anche da sola” e senza referendum confermativo la Costituzione di tutti gli italiani.

Si è detto che una forte spinta all’astensionismo è stata data da questo mostro di legge elettorale chiamato “Rosatellum”, che ancora una volta ha privato i cittadini della possibilità di scegliere i propri rappresentanti con il voto di preferenza (consentito invece nelle elezioni regionali e comunali), riservando ai capi partito la designazione dei candidati eleggibili in liste bloccate. 

Si tratta di una scandalosa e incostituzionale limitazione della libertà di voto e della sovranità popolare, sulla quale è improbabile che la nuova maggioranza di governo, che ne ha beneficiato a piene mani, deciderà di fare marcia indietro. Non ci resta che sperare nella Corte costituzionale, la quale potrebbe dichiarare illegittimo il “Rosatellum”, come già fece in passato con le leggi elettorali chiamate “Porcellum” e “Italicum”, ma con una sentenza senza effetto retroattivo: vale a dire che l’elezione dell’attuale Parlamento resterebbe valida.

Nicola Bruni

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Nella foto, l’aula della Camera dei deputati, che conserva i 630 scranni delle passate legislature a fronte di soli 400 neoeletti

lasciandone vuoti 230, quasi a simboleggiare il vuoto di rappresentanza popolare prodotto dalle ultime elezioni.

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