Annalena, l’altra metà del Cielo

Annalena Tonelli era una bella ragazza di 26 anni quando, a gennaio del 1969, lasciò la sua Forlì per andare in Kenya, ad insegnare l’inglese in una scuola dei Padri della Consolata. Si era da poco laureata in legge. La motivazione all’impegno missionario le era venuta dopo una lunga esperienza formativa e di volontariato nell’associazionismo cattolico. Voleva mettersi al servizio del prossimo più bisognoso e sofferente, per amore di Dio. 

    Scelse il nordest somalo del Kenya, su indicazione di un’amica. Arrivata in Africa, sentì che era stato il Signore a chiamarla, e vi rimase “nella gioia e nella gratitudine” per 35 anni, da laica cristiana, a prendersi cura di tanti poveri somali musulmani (tubercolotici, poliomielitici, ciechi, sordomuti, malati di Aids, malati di mente, orfani e affamati), organizzando e gestendo per loro ospedali, scuole e cucine da campo, con l’impiego oculato di ingenti risorse finanziarie che la Provvidenza le faceva pervenire da comitati di benefattori e organismi internazionali. Per loro, Annalena era la speranza, spesso anche la salvezza. Molti la consideravano una mamma. 

    Aveva fatto una scelta radicale di povertà. E tuttavia teneva a precisare che quella per lei non era una “rinuncia”, ma “pura felicità”, “una vita meravigliosa e appassionante”, anche se dovette affrontare enormi difficoltà, a cominciare dai pregiudizi di un contesto sociale integralmente islamico. 

    Fu minacciata, aggredita, derubata, picchiata e gravemente ferita; subì diversi tentativi di omicidio, un rapimento, un arresto e un processo. Sapeva che alcune persone volevano ucciderla, ma non aveva paura di morire, e non abbandonò i suoi poveri “figli”. Si sosteneva con la preghiera e l’adorazione dell’Eucarestia, che aveva il permesso di custodire nel segreto della sua stanzetta. 

    Nel 1985 fu espulsa dal Kenya (dopo 15 anni di lavoro a Wajir) per aver denunciato il massacro di un migliaio di Degodia, nomadi somali del deserto, compiuto dalle forze armate kenyane, ma con la sua denuncia era riuscita a fermare il genocidio programmato dei 55mila componenti di quell’etnia.

    Allora si trasferì in Somalia, prima a Merka, poi a Borama nel Somaliland, unica cristiana fra i musulmani, che non cercò mai di convertire e di cui rispettò la fede, al punto che nelle sue scuole si insegnava il Corano.

    La sera del 5 ottobre 2003, fu uccisa da due sicari con un colpo di pistola in testa, nel cortile del suo ospedale di Borama. Aveva 60 anni. Ora è sepolta a Wajir. 

    La vicenda eroica di questa santa dei nostri tempi, martire dell’amore, è stata raccontata da Miela Fagiolo e Roberto Zanini in un bel libro delle Edizioni San Paolo: “Io sono nessuno – Vita e morte di Annalena Tonelli”. Dalle sue pagine emerge come Annalena fosse la personificazione delle “beatitudini” annunciate da Gesù. 

Nicola Bruni