Perché votare sì

Vi spiego le motivazioni di giustizia sociale per le quali votare SÌ ai cinque referendum dell’8 e 9 giugno. 

1 – Per ripristinare il diritto al reintegro nel posto di lavoro (anziché ad un magro risarcimento) al lavoratore licenziato senza giusta causa in una grande azienda. Il che consentirebbe eventualmente al lavoratore di contrattare un risarcimento maggiore in luogo del reintegro. 

2 – Per abolire il limite di 6 mensilità di stipendio al risarcimento deciso dal giudice al lavoratore licenziato senza giusta causa nelle aziende con meno di 16 dipendenti. Questo limite pone i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione al datore di lavoro. 

3 – Per limitare la precarietà nel lavoro, ripristinando l’obbligo per le aziende di indicare una valida causale nei contratti a termine, consentiti fino a un massimo di 12 mesi, che oggi si applicano in Italia a circa 2 milioni e 700mila lavoratori. 

4 – Per rendere le ditte appaltanti responsabili in caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale nei subappalti, dove avvengono con maggiore frequenza gli incidenti più gravi per motivi di risparmio e carenza di regole e controlli.

5 – Per consentire agli immigrati extracomunitari maggiorenni (incensurati, dotati di un reddito di almeno 8234 euro negli ultimi tre anni e in regola con il pagamento di imposte e contributi) di presentare la domanda di cittadinanza dopo 5 anziché 10 anni di residenza, e ottenerla dopo altri 2, 3 o 4 anni secondo i tempi ostruzionistico-burocratici imposti dalle autorità governative. Il termine di 5 anni era stato in vigore ininterrottamente dal 1865 al 1992, anche sotto la dittatura fascista.

Chi si oppone a votare sì per i primi quattro quesiti lo fa o per partito preso (obbedienza immotivata alle indicazioni di un partito) o per difendere gli interessi di una classe di “padroni” che antepone il profitto alla giustizia.

Chi si oppone a votare sì al quinto quesito, lo fa o per partito preso, come negli altri casi, o per avversione indiscriminata agli stranieri immigrati (xenofobia/razzismo) o perché ritiene conveniente che i lavoratori immigrati senza cittadinanza possano essere più facilmente sfruttati. 

Purtroppo, al popolo sovrano è consentito votare solo in referendum abrogativi di norme esistenti, il cui successo può risolvere solo in parte taluni problemi legislativi. Come quello della cittadinanza italiana, che la maggioranza di governo continua a negare – rifiutando le proposte sullo “ius scholae” o “ius culturae” – a centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze, figli di immigrati, nati o cresciuti in Italia, che frequentano le nostre scuole, sono integrati con i loro compagni, si considerano italiani e amano l’Italia. 

Invito chi mi legge a mettersi una mano sulla coscienza e a fare la cosa giusta: votare cinque SÌ.

Nicola Bruni