Papa Leone XIV, Vicario di Cristo

Sono molto contento per l’elezione del nuovo papa, Leone XIV. Non lo conoscevo, ma mi ha fatto un’ottima impressione e ho cominciato subito ad amarlo come il mio Santo Padre della Chiesa cattolica della quale sono figlio. In lui riconosco il Vicario di Cristo in terra, successore del primo degli apostoli al quale Gesù disse. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”.

Sono contento, oltre che sorpreso, per la rapidità con cui i 133 porporati riuniti in Conclave hanno trovato un accordo sul nome del cardinale Robert Francis Prevost, 69 anni, con doppia cittadinanza statunitense e peruviana, nipote di nonni immigrati dall’Europa e immigrato a sua volta in Perù: un nome che non era nei pronostici dei grandi mezzi di informazione, un cardinale mite e riservato che si era defilato dalle interviste e non si era messo in mostra nelle riprese televisive.

Prevost, già priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, era stato nominato da Papa Francesco prefetto del Pontificio dicastero dei vescovi e presidente della Pontificia commissione per l’America Latina.

La scelta fatta dai cardinali rafforza la mia fede nello Spirito Santo come ispiratore del Conclave, e smentisce il chiacchiericcio di tanti “vaticanisti” che parlavano di frammentazione del Sacro Collegio, di cordate contrapposte, di lotte di potere.

Del suo primo discorso, pronunciato in italiano dalla loggia della Basilica di San Pietro, mi ha colpito in particolare l’affettuoso saluto in lingua spagnola che ha riservato ai fedeli della diocesi peruviana di Chiclayo della quale era stato a lungo vescovo missionario. E mi è sembrato significativo che Leone XIV non abbia rivolto un analogo saluto in lingua inglese ai suoi concittadini statunitensi, come per scrollarsi l’etichetta di “papa americano” (compromettente nell’era Trump) che gli deriverebbe dal suo certificato di nascita a Chicago.

Leone XIV ha ringraziato calorosamente Papa Francesco e ha parlato di “una Chiesa che cerca la pace, la carità, che vuole essere vicina alla gente che soffre”, che vuole “costruire ponti con il dialogo e con l’incontro”.

Nell’adottare il nome Leone XIV ha manifestato la volontà di valorizzare e sviluppare la dottrina sociale della Chiesa enunciata per la prima volta nel 1891 dal suo predecessore Leone XIII.

Per come ha parlato e agito nelle prime settimane di pontificato, Leone XIV ha mostrato di avere doti di umiltà, di equilibrio, di prudenza diplomatica, di sapienza teologica e di voler perseguire come metodo di lavoro l’ascolto, il servizio, la collegialità nella Chiesa, “senza cedere alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri”. Tra le parole che più ricorrono nei suoi discorsi ci sono pace, amore e unità.

Il Signore lo aiuti.

Nicola Bruni