I telegrammi “telegrafici” di una volta

“COMINCIA PREOCCUPARTI STOP SEGUE LETTERA”: ecco un “classico telegramma ebraico” che ho tratto da un libro di barzellette.

Chi si ricorda dei telegrammi di una volta, soppiantati dai messaggi elettronici? Erano scritti in caratteri maiuscoli su striscioline di carta bianca, incollate su un modulo postale di colore giallo, che veniva piegato a rettangolo e chiuso con una linguetta. Sull’esterno del plico si applicavano due striscioline bianche con il nome del destinatario e il suo indirizzo. Un postino li recapitava rapidamente a domicilio.

Il testo di quelle striscioline era stampato da una macchina che convertiva nell’alfabeto latino i messaggi trasmessi dal telegrafo senza fili con il codice o alfabeto Morse, costituito da diverse combinazioni di punti e trattini.

Il telegramma aveva una tariffa base per un numero limitato di parole, superato il quale era previsto un costo aggiuntivo per ogni parola eccedente. Inoltre, i vocaboli contenenti più di 10 lettere venivano conteggiati come 2 parole. Di qui, la necessità, per motivi di risparmio, di formulare messaggi molto sintetici ed essenziali, composti da vocaboli brevi, privi di articoli e possibilmente di preposizioni, che dette origine al cosiddetto linguaggio telegrafico. Si cercava di fare a meno anche della punteggiatura, che il telegramma traduceva in parole da conteggiare, come “virgola” e “punto” (o “stop”). E poiché il telegrafo non conosceva gli accenti, per distinguere “e” congiunzione da “è” verbo, si ricorreva alla corrispondente parola latina “ET” o “EST”. 

Infine, per risparmiare, si potevano accorpare due parole brevi in una sola, come in “AMOREMIO” (così si risparmiava anche sull’amore).

I telegrammi venivano molto usati, nel corso del Novecento, quando ancora il telefono non era alla portata di tutti e si aveva il bisogno di una comunicazione rapida, come per l’annuncio di un decesso, dell’orario di arrivo al termine di un viaggio o dell’improvviso annullamento di un impegno, o per una convocazione urgente. Inoltre, costituiva una consuetudine sociale inviare a parenti e amici interessati telegrammi di felicitazioni e di auguri per nascite, matrimoni, lauree, avanzamenti di carriera e altri eventi gratificanti, o di condoglianze per la morte di una persona cara.

Alcuni esempi: “ARRIVO DOMANI TRENO ORE 17 VENITE PRENDERMI PEPPINO”; “AUGURI VIVISSIMI FELICE MATRIMONIO ET OGNI BENE FAMIGLIA ROSSI”; “CONDOGLIANZE PERDITA CARISSIMA PINUCCIA STOP ABBRACCI AFFETTUOSI PIPPO ET ROSINA”; “EST RINVIATO CONCORSO STOP ATTENDERE NUOVA CONVOCAZIONE MINISTERO FINANZE”.

La mia mamma mi raccontava il divertente telegramma di un emigrato calabrese che annunciava così la sua venuta in Italia dall’America: “ARRIU PAPURI PARTU RIPICCHIU” (Arrivo con un vapore e riparto con un apparecchio). E quello di un tale che, comunicando di non poter raggiungere Arena in Calabria, perché bloccato a Soriano da un forte mal di pancia di suo fratello, manifestava così la propria insofferenza: “NSURTU DOLURI TRIPPA FRATELLO SORIANO AUF AUF”.

Nicola Bruni

Nella foto, un telegramma lettera di congratulazioni che ricevetti il 18 novembre 1963 dopo la mia elezione a consigliere nazionale dell’Intesa Universitaria.