Anch’io in piazza per Gaza

Il 2 ottobre 2025, c’ero anch’io alla prima grande manifestazione di protesta contro l’assalto piratesco della Marina israeliana alle 43 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla nelle acque internazionali del Mediterraneo, a 70 miglia da Gaza.  

Una moltitudine di giovani e anziani, uomini e donne, si era riunita spontaneamente davanti al Colosseo per difendere di fronte al mondo l’onore dell’Italia, sfregiato dalla complicità politica e militare (rifiuto di sanzioni europee, vendita ininterrotta di armi ed esplosivi) del governo italiano con quello di Israele nel genocidio del popolo palestinese. 

Poche ore prima, circa 450 attivisti (46 italiani) di 37 Paesi, che avevano tentato di forzare il blocco navale imposto illegalmente da Israele, si erano lasciati arrestare, rapinare della loro nave e derubare del carico di aiuti umanitari destinati ai poveri affamati di Gaza, senza opporre resistenza. Sarebbero stati poi umiliati, imprigionati, torturati ed espulsi.

La loro missione “non violenta”, tuttavia, non è fallita, poiché ha assunto un altissimo valore morale, ed è riuscita a sensibilizzare alla causa del popolo palestinese gran parte dell’opinione pubblica mondiale. Come dimostrano le massicce manifestazioni popolari Pro Pal che hanno invaso le piazze di centinaia di città in ogni continente, e anche negli Stati Uniti. 

Una così vasta e crescente mobilitazione ha cominciato a preoccupare quel tronfio presidente Trump che aveva autorizzato Israele a “scatenare l’inferno” su Gaza, inducendolo a frenare il bellicismo di Netanyahu e ad inscenare la propagandistica cerimonia di Sharm el Sheik per una “pace eterna”: una pace senza giustizia e senza Palestina, la pace di quel mandante del genocidio che il giorno prima alla Knesset si era congratulato con Israele per avere “usato bene” le tante armi che gli aveva fornito, riuscendo ad ammazzare circa 80mila palestinesi, tra i quali 21mila bambini, e radere al suolo la striscia di Gaza, nel filantropico intento di trasformarla in una “miniera d’oro”.

Mi ha particolarmente ha colpito un’invettiva rivolta ai criminali che governano Israele e a chi li sostiene, pubblicata su Facebook: “Non avrete più il rispetto del mondo, mai più”. Purtroppo, a causa della politica criminale di Netanyahu, il disprezzo di molti per il regime israeliano andrà a colpire anche i cittadini di quel Paese e gli ebrei della diaspora incolpevoli e che disapprovano quella politica, fomentando l’antisemitismo. Ma questo accade perché la classe dirigente di Tel Aviv ha imboccato una strada senza uscita che rischia di portare – come ha scritto la storica ebrea italiana Anna Foa – al “suicidio di Israele“.

Nicola Bruni