Vi racconto una brutta esperienza della mia vita. Nel maggio del 2002, la mia tata Caterina, amica d’infanzia della mamma, che era vissuta con la mia famiglia fin dalla mia nascita e alla quale ero molto affezionato, rimase improvvisamente paralizzata alle gambe per un tumore all’ipofisi. Aveva 87 anni, ma fino a quel momento era stata in buona salute. Dal febbraio del 2000, dopo la morte di mia sorella Mariuccia, io e mia moglie l’avevamo accolta in casa nostra.
Dopo un mese di ricovero all’ospedale San Giovanni di Roma, fu trasferita in una casa di cura convenzionata a lunga degenza di Nemi, dove rimase per altri quattro mesi, fino alla morte.
Io andavo a visitarla come un figlio quasi tutti i giorni, viaggiando in macchina da Roma, e le avevo messo una badante che quotidianamente si prendeva cura di lei e l’aiutava a mangiare.
Nella terza decade di settembre, Caterina era ancora lucida, anche se molto deperita; pregava insieme con me e voleva vivere, ma non riusciva più a inghiottire il cibo, per cui la nutrivano con la flebo.
Un giorno vidi che le avevano tolto la flebo, sebbene lei non riuscisse a mangiare. Andai a chiedere spiegazioni al primario, il quale mi rispose con arroganza: “Lei non si intrometta. Le terapie le decido io”.
Due giorni dopo, il 2 ottobre del 2002, mi telefonarono all’una di notte per comunicarmi che Caterina era morta. Mi precipitai a Nemi alle 8 del mattino e vidi che il suo letto era stato già occupato da un’altra paziente. Ne dedussi che quel primario aveva deciso di affrettare la morte di Caterina, perché aveva urgente bisogno di liberare un posto in corsia.
Allora, il comportamento di quel medico sarebbe stato perseguibile come reato in sede penale; ma da quando la legge del 2017 sulle DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) ha incluso la nutrizione artificiale fra i trattamenti terapeutici, qualunque medico ospedaliero potrebbe sentirsi autorizzato a sospendere legalmente la “terapia” della nutrizione anche senza il consenso del paziente, cioè a praticare una forma di eutanasia per omissione.
Comunque, la mia cara e buona Caterina, che è stata per me una seconda mamma, ora si trova sicuramente nella gioia del Paradiso, sia per aver condotto una vita cristiana esemplare sia per aver pregato ogni giorno e aver ricevuto i santi sacramenti mentre si avvicinava il momento del trapasso.
Nicola Bruni