1943-1944: la Resistenza in Laterano

Fu il complesso extraterritoriale del Laterano, appartenente allo Stato neutrale del Vaticano, il principale rifugio – e anche sede operativa, dotata di radio trasmittente – dei capi della Resistenza nei nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, dopo l’8 settembre 1943. Vi si nascose gran parte del Comitato di liberazione nazionale centrale (Clnc), con il suo presidente Ivanoe Bonomi, Alcide De Gasperi, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Meuccio Ruini. C’era persino il generale Roberto Bencivenga, comandante della Piazza di Roma per il Regno del Sud. Lo rivela lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nel libro “L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma” (Laterza).

Protagonista della vicenda fu un sacerdote di 42 anni, Roberto Ronca, rettore del Seminario maggiore, che con il tacito avallo del papa Pio XII si assunse il rischio e la responsabilità di dare asilo nel recinto lateranense a un migliaio di persone, ricercate dai nazifascisti o comunque in pericolo di vita (ebrei, renitenti alla leva della Repubblica di Salò, militari, politici antifascisti e addirittura personalità legate al regime, come la figlia del maresciallo Graziani). Tra i rifugiati più famosi, il geografo ebreo Roberto Almagià e il futuro editore Giangiacomo Feltrinelli.

I tedeschi sapevano che nel Laterano (come in moltissimi altri edifici religiosi di Roma) erano nascosti ebrei e antifascisti, ma recitando una “commedia delle parti” fingevano di non saperlo, e così tenevano sotto ricatto il Papa per costringerlo al silenzio sulle loro malefatte.

Pio XII puntava a favorire una transizione non violenta della città dai tedeschi agli Alleati, e alla fine riuscì, con le armi della diplomazia, ad ottenere la liberazione di Roma senza combattimenti il 4 giugno 1944.

Nicola Bruni