Quando intervistai Sergio Mattarella da ministro della Pubblica Istruzione

Ho una grande stima del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ho conosciuto di persona quando era ministro della Pubblica Istruzione, tra il 1989 e il 1990. Come giornalista specializzato nell’informazione sulla scuola e corrispondente del quotidiano Il Giorno di Milano, ne seguii per un anno l’attività di governo, partecipando alle sue conferenze stampa e registrando i suoi interventi in pubblici convegni. 
Allora potei apprezzarne l’equilibrio, la pacatezza, la sobrietà del linguaggio, la cortesia anche nel rispondere alle polemiche degli avversari, la capacità di mediazione politica e, soprattutto, il senso dello Stato.

Il 13 giugno del 1990 andai a intervistarlo nel suo ufficio di Viale Trastevere, dove mi trattenne cordialmente a colloquio per più di un’ora. Durante la conversazione scoprimmo di essere coetanei del 1941 e di aver condiviso, sia pure a distanza, nella prima metà degli anni ’60 l’avvincente esperienza politico-formativa del Movimento giovanile della Democrazia Cristiana sotto la guida di grandi maestri (Fanfani, Moro, La Pira, Pistelli…). 

L’indomani, alla vigilia dell’inizio degli esami di maturità, Il Giorno pubblicò la sua intervista, da me firmata, in apertura delle pagine di cronaca nazionali, con un titolo a nove colonne che annunciava: “Temi secondo tradizione”.

Il 27 luglio successivo, Mattarella – uomo politico “dalla schiena diritta” – si sarebbe dimesso dal VI Governo Andreotti, insieme con altri quattro ministri della sinistra democristiana, per protesta contro l’emendamento “salva-Fininvest” introdotto nella “legge Mammì” sul riassetto del sistema radiotelevisivo. E pochi giorni dopo avrebbe votato disciplinatamente la fiducia allo stesso Governo con un altro ministro al posto suo. 
Dunque, abbiamo un galantuomo al Quirinale: uno statista mite ma risoluto, dotato di una grande esperienza e cultura politica, in grado di rappresentare degnamente l’Italia nel mondo, far rispettare le regole della democrazia, dire di “no” se necessario anche a chi lo ha eletto, e tutelare i diritti costituzionali di tutti gli italiani. 
La sua elezione a larghissima maggioranza (quasi due terzi dell’assemblea presidenziale) ha costituito oggettivamente anche un risarcimento morale per la Democrazia Cristiana – partito del quale Mattarella è stato deputato, ministro e vicesegretario politico – dopo vent’anni di una dominante “damnatio memoriae” (condanna all’oblio) dei suoi grandi meriti nella storia d’Italia. 

Nicola Bruni

31 gennaio 2015